Moltissimi
anni fa quando ho terminato le medie, un giorno ho incontrato una mia
vecchia compagna di classe secchiona e quando alla domanda ‘che
scuola hai scelto di fare’ le ho risposo che sarei andata in un
istituto tecnico della zona, ha storto il naso come per dire che il
liceo scientifico a cui si era iscritta era decisamente su un altro
livello rispetto alla mia scelta.
La
stessa identica scena si è ripetuta anni dopo, a fine diploma, in
cui ho deciso che a dispetto dei tre anni buttati (bene) a fare
informatica avrei intrapreso la carriera di giornalista, con
iscrizione al corso di scienze della comunicazione all’Insubria.
Tutti mi hanno avvertito dell’inutilità del corso, che non avrei
mai trovato lavoro, che tutti i mediocri si iscrivevano lì,
mostrandomi gli oscuri presagi di un futuro senza lavoro.
Avevano
ragione? In parte.
CONTRO
1.
Troppa teoria: Su
DICIANNOVE corsi in Scienze della comunicazione solo DUE prevedevano
un parte pratica: comunicazione
pubblica e istituzionale e comunicazione delle emergenze ambientali.
In entrambi solo
poche ore sono state dedicate all’analisi della comunicazione in
sé. Uno spreco di tempo che regala soldi all’università e
trasforma la laurea in carta straccia, perché in questa maniera si
arriva nel mondo del lavoro senza avere in mano i minimi requisiti
per essere un addetto della
comunicazione decente.
2.
Troppi corsi inutili: gli
studenti scritti al corso di Scienze della comunicazione diventeranno
dei ‘comunicatori professionisti’ e a loro il corso elargisce
un’enorme bagaglio culturale che va
dall’ambito
umanistico allo
scientifico e tecnico, conematografico.
E va bene. Avere
una base di quello che si andrà a comunicare è importante ma 2/3
del corso hanno questo come obbiettivo! Poi
uno esce che
sa spiegare perfettamente la teoria delle stringhe e come ha recitato
Gerard De paridieu nella parte di Colombo ma non è capace di
scrivere un comunicato stampa.
Ecco
alcuni dei corsi più inutili:
.
storia contemporanea: certo è sempre più bella da fare in
università, ma non è che nei tredici anni passati da studente non
abbiamo mai fatto storia
.
letteratura italiana
.
filosofia teoretica: in cui si affrontava un pippone infinito su
Carlo Cattaneo
.
filosofia delle scienze sociali: metà corso era destinato a studiare
l’analisi di Indiana Jones, la’ltra metà all’inconscio umano.
.
linguistica e semiotica: un corso dedicato alla differenza delle
lingue
.
filosofia del diritto
.
informatica
Questo
non va bene. Quanti anni uno studente deve aspettare per imparare
effettivamente qualcosa senza girarci attorno? Il
corso di Scienze della comunicazione strutturato in questo modo
prevede che uno studente debba per forza fare la magistrale.
PRO
1.
Vi cambia di vedere il mondo: Con la media dell’8 ale superiori non
mi era mai piaciuto studiare, ero e sono mediamente intelligente e
puntualmente arrivavo sempre alla sera prima a mettermi sotto con gli
studi. Con l’università è cambiato molto, i libri sono più
difficili e ampi, i professori sono persone importanti con titoli e
premi alle spalle, i corsi gli sceglie lo studente. Scienze della
comunicazione vi regalerà l’amore per la conoscenza: dalla storia
dell’Unità d’Italia, alle sofferenze degli indios,
all’incredibile evoluzione del pensiero sull’universo, alle
teorie più strane dell’universo.
Il
difetto più grande di questo corso diventa anche il suo pregio, ma
buttare 3000 euro per un po’ di cultura generale non ha senso.
Conclusione
Con
questo non voglio dire che con Scienze della comunicazione non
troverete mai lavoro e né voglio denigrare l’Insubria, per carità.
Il mio consiglio rimane di scegliere una corso con cui abbiate molto
probabilità di trovare impiego. E se siete in dubbio su quale corso
si adatti meglio a voi informatevi,
informatevi, informatevi!