venerdì 31 ottobre 2014

Principessa Mononoke (recensione)


Per cominciare la mia carrellata di film dello studio Ghibli, avevo deciso di iniziare proprio con la 'Principessa Mononoke', ma solo dopo aver visto per la cent'unesima volta 'Il castello errante di Howl', di cui ho appena finito di leggere il libro. <3
Il film racconta di un giovane principe, Ashitaka, colpito dalla maledizione di un demone che ha appena ucciso, che decide di partire per trovare lo spirito della foresta, che si pensa possa aiutarlo a guarire.

La storia ha una narrazione volutamente lenta, che si snoda piacevolmente in un'epoca, in Giappone, dove l'uomo immerso nella natura, ha già conquistato il ferro;
è perfetta la costruzione di un ambiente così lontano dall'epoca moderna in cui siamo: il lavoro nei campi, i samurai, l'affascinante descrizione della lavorazione del ferro, la guerra, la produzione delle armi, tutto questo senza mai dare nell'occhio, come se il mondo descritto appartenesse usualmente a chi sta guardando.

Il vero inizio della storia avviene quando Ashitaka mette piede nella città del ferro, Tataraba, a dominazione femminile guidata da “Lady Eboshi; donne, salvate dall'essere schiave, a cui non importa passare le giornate a lavorare il ferro, imbracciare armi, tenere testa agli uomini, solo la libertà è tutto.
Da qui 2 mondi si affronteranno duramente: Lady Eboshi  e Mononoke, la prima in rappresentanza dell'epoca moderna che avanza, mentre Mononoke rappresenta quella natura onnipotente, difficile da sradicare, che gli animali rispettano e ne sono partecipi, mostrando una saggezza intrinseca cento mille volte più ampia di quella conquistata dall'umano.

E in questo conflitto, nel mezzo c'è un' Ashitaka che ci ricorda la posizione di molti di noi nei confronti del ferro da cui siamo circondati e dalla natura che c'è già dentro di noi, impossibile da distruggere.

Voto: 10





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