martedì 5 agosto 2014

Tango alla fine del Mondo (recensione)


 
 
 
Passionale.
 
Questo libro trascina il lettore da un continente all'altro, attraverso la storia della famiglia Maggio, che per rifarsi di un torto subito, parte per l'America Latina, sperando di trovare fortuna in un ranch promesso da Don Tano. Ma non sanno che l'inganno è proprio dietro l'immenso mare che hanno appena attraversato, un'immensa infruttuosa palude.
 
In patria, prima di partire però, Michele Maggio capofamiglia ha dovuto fare una scelta, 3 biglietti per quattro persone, ma quale delle due figlie gemelle, Diana e Olivia, lasciare?
È il tango il leitmotiv che collega ogni parte della storia, non solo perché nato dal Bandoneon di Michele, ma perché il tango nel libro diventa un lasciarsi e riprendersi convulsamente di due mondi, di azioni struggenti, di sesso impuro e corrotto, delle “O” aperte, dialettali, “come una ballerina che fa la spaccata”,e passioni oscure di chi è stato abbandonato.
E al lettore non resta altro che essere trascinato via per i capelli da un happy ending che non vuole mai rivelarsi.
Un libro, da una Sicilia dove governano i corrotti, a una Buenos Aires dove masse di emigranti non sanno a quale Santo o padrino rivolgersi e in quale lingua, il tutto inghiottito nel personaggio di Tano, uno degli antagonisti più riusciti che abbia mai letto, un cattivo dentro che per essere tale ha bisogno solo di esistere e basta.
 
 

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